Mancavamo da tanto tempo ed è la prima volta che non ci accoglie Annie Feolde con la sua eleganza e sorriso che non dimenticheremo mai. Da qualche anno le due colonne, Riccardo Monco per la cucina ed Alessandro Tomberli per la sala, hanno affiancato Giorgio Pinchiorri nella conduzione dello storico locale che risale al 1974.
Un locale importante in un palazzo di pregio con una cantina (che pur ridotta rispetto a quella degli anni novanta in seguito all’incendio subito) che rimane tra le migliori del mondo. Tra i tanti primati c’è anche quello di essere l’unico ristorante italiano che ha saputo riconquistare le tre stelle (perse proprio a seguito dell’incendio a metà anni novanta).

Enoteca Pinchiorri, il locale
Entrare all’Enoteca Pinchiorri è come entrare in un grande teatro per assistere ad una rappresentazione classica. Almeno una volta nella vita lo dovrebbero far tutti perchè è raro in Italia trovare così sapientemente costruito il copione: dal valet che ti parcheggia l’auto, al guardaroba, dall’attenzione ad ogni particolare della sala alla tavola, dalla stampa del menù al libro enciclopedico della carta dei vini ecc.. Perfezione che trasmette una tavola elegante e curata, la giusta misura di un lusso diffuso senza inutili barocchismi, il servizio silenzioso e preciso. E se la sala mantiene il suo ritmo senza incertezze anche negli elementi giovani, altrettanto si può dire della cucina. I piatti sono tutti studiati, costruiti con un lavoro da certosini grazie ad una brigata coesa e numerosa dove spicca la qualità di Alessandro Della Tommasina da anni con Riccardo Monco. Qui non ci sono avventure strampalate, ma percorsi giudiziosi senza puntare all’effetto clamoroso, ma alla solidità e continuità della degustazione.

La cucina
Ed è un percorso tutt’altro che noioso, fin dal benvenuto che parte dalle note dolci, per arrivare a quelle speziate e sapide attraverso l’acido del ravanello. E’ il riassunto di quello che arriverà al contrario, infatti, è naturale, si finirà con il dolce. Ma prima tanta roba. Sorprendente il pane che non ti aspetti. Non la sola pagnotta rotonda, ma al suo posto una serie di pani (a lievito madre) con due focacce rotonde d’eccezione che manco in Puglia sarebbe facile trovare. L’inizio è esemplare con l’insalata dell’orto che è ormai usuale ma non è facile trovarla così buona e la trippa di seppie che conquista al primo assaggio. E il percorso prosegue preciso, centrato sui sapori con una sola annotazione, la stessa, per l’astice e il piccione, ambedue un pò troppo coperti dal contesto. Ma non possiamo non citare le ottime pappardelle mare monti e collina che mantengono la direzione del gusto nonostante il non facile mix di ingredienti. Si chiude con una serie di dessert e coccole finali in poco meno di 90 minuti, e con il ristorante al completo. Il sipario del teatro cala, rimane il ricordo. Ci veniamo da 40 anni, speriamo solo di tornarci ancora.
