“Kamado mio!” Il caratteristico forno a forma di uovo è il vero protagonista di questo locale simpatico a tutto tondo, dal nome, all’ambiente, per non parlare dello chef Stefano Mocellin, uno “chef patron” che qui traduciamo in “vero oste” come raramente si trova in giro. Non cucina per la stella, ma per i suoi clienti, non cucina per farti vedere quanto è figo, ma perché si diverte. In particolare con il Kamado che gli permette di giostrare con estro tra cotture alla brace e affumicature di varie legni, ottenendo così una varietà notevole di tonalità e sfumature di sensazioni. Il suo bagaglio tecnico è buono ma limitato, però in compenso ha una dote rara rispetto a tanti campioni di tecnica: il senso della misura. Le sue affumicature non sono strazianti come spesso capita di incontrare, la sua brace è appena sfiorata e non prevaricante. Bastano in due, la sua esuberanza, e la finezza della sua compagna Nina, a far sì che vien solo la voglia di ritornarci. E si serve anche di buoni produttori, come per la carne, che ci fa ritrovare qui a Padova il grande Michelangelo Masoni, sommo macellaio di Viareggio (con boutique della carne a Forte dei marmi) che gli procura materia prima affinata anche 300 e più gg (vedi il dessert). Tornando alla cucina non tutto è ovviamente perfetto (manca qualche contrasto, qualche consistenza andrebbe rivista), ma è tutto pressoché godibile con due perle: la creme brulee che ci ricorda quelle di Marc Veyrat, e un’ottima interpretazione dello sgombro.
Luigi Cremona
Ingegnere con due grandi passioni: i viaggi e la gastronomia. La prima lo ha fatto andare in giro per il mondo, dall’ Alaska alla Corea, dalla Terra del Fuoco al deserto del Kalahari, dall’Himalaia a Capo Nord alla ricerca dell’ umanità nei suoi vari aspetti e forme.