La tre giorni milanese dedicata all’EVO e il tema “Olio Musicale” per l’edizione 2024 del format di Luigi Caricato.
La tredicesima edizione di Olio Officina Festival è tornata a richiamare l’attenzione sull’olio extra vergine di oliva. Stampa, operatori e appassionati si sono incrociati quest’anno alla Fabbrica del Vapore di Milano, nell’annuale ritrovo sotto l’egida di Luigi Caricato, scrittore, oleologo, giornalista, editore. Molti i talk nella tre giorni, gli ospiti, le degustazioni e i workshop.
IL FESTIVAL E IL TEMA 2024: OLIO MUSICALE
Il Festival Olio Officina mira a promuovere la conoscenza e l’apprezzamento dell’olio, degli aceti e dei condimenti. La partecipazione delle aziende e delle organizzazioni del settore alimentare consente di arricchire l’esperienza e il coinvolgimento del pubblico professionale, tra cui chef, operatori del settore Horeca e acquirenti al dettaglio, contribuisce a creare un ambiente stimolante di scambio di conoscenze ed esperienze.
L’olio extra vergine di oliva è comunemente considerato un prodotto silenzioso, ma in realtà ha una voce propria, seppur discreta. Mentre versiamo l’olio o lo usiamo per friggere, raramente percepiamo il suono, eccetto il lieve sfrigolio durante la cottura. Tuttavia, l’olio ha una voce ben definita che ha parlato a molte culture nel corso dei millenni, sia come simbolo religioso che mitologico. Nonostante la sua natura silenziosa, l’olio è in realtà musicale, emettendo suoni attraverso gli alberi di olivo che producono la sua linfa. È un’esperienza sensoriale che richiede soltanto di essere ascoltata attentamente, e l’olio, apparentemente mutevole, rivela così il suo innegabile legame con la vita. Ecco la trama che connette questa nuova edizione. Quella del 2025 sarà incentrata sul rapporto tra l’olio e il mare.
GLI APPUNTAMENTI DI OOF
Il festival Olio Officina 2024 ha incluso varie attività distribuite su due piani. Al piano terra, le tre sale denominate “Saggi Assaggi”, “Spazio letterario” e “Sensoriale”, mentre al primo piano la sala “Plenaria”. In entrambi i piani, spazi comuni con banchi di assaggio e mostre d’arte a completare lo scenario.
Durante l’undicesima edizione del contest “Forme dell’Olio” e la sesta edizione del contest “Forme dell’Aceto”, sono state esposte le bottiglie e le confezioni premiate nella Sala Plenaria. Queste creazioni, non semplici recipienti, ma vere e proprie opere d’arte, sono ispirate ai suoni emessi dagli alberi d’ulivo. La mostra “Arte da Mangiare, Mangiare Arte”, curata da Monica Scardecchia con la direzione artistica di Ornella Piluso, ha presentato opere di vari artisti ispirate al tema dell’olio e della cucina. Inoltre, si sono tenute performance come “Portatrici e Portatori d’Olio”, che celebrano la sacralità dell’olio attraverso la musica.
Enzo Morelli ha esposto le sue tele incentrate sui muretti a secco, mentre i bambini, nella sezione dedicata a loro, OOF Kids, si sono divertiti con il “Gioco dell’Olio”, un’attività ludica ispirata al gioco dell’oca e con i primi approcci alla degustazione di pane e olio extra vergine di oliva. La libreria del Festival ha esposto una vasta selezione di libri e riviste, comprese le pubblicazioni di Olio Officina, e ha ospitato la mostra “La(T)Lirica”, che racconta il legame tra lattine d’olio storiche e musica lirica.
DOP E IGP NELL’OLIO EVO: STRUMENTI PER SALVARE IL TERRITORIO?
Tra i vari talk di Olio Officina Festival, uno in particolare ci ha fatto riflettere, ponendosi questo quesito: “gli oli del territorio Dop e Igp potranno salvare l’olivicoltura italiana?”.
Il problema principale è annoso: gli uliveti in Italia sono molti ma molti di questi sono in stato di abbandono, in stato boschivo, con ulivi secolari ormai fuori scala, difficili da riportare ad uno stato adatto alla produzione di olio extra vergine. L’olivicoltura italiana è vetusta, gli investimenti tecnologici non tengono il passo. Ma le certificazioni possono davvero cambiare la situazione, apportare valore aggiunto? Nelle parole degli ospiti la risposta è per tutti positiva.
Laura Turri, imprenditrice olearia del Frantoio Turri e past president Consorzio olio Dop Garda ne è pienamente convinta, specificando che da quando si è ottenuta la denominazione il percepire è stato differente, e anche gli investimenti sul territorio, con la conseguente e importante riduzione degli uliveti abbandonati.
La Dop Riviera Ligure è forte del successo della taggiasca: sebbene il problema dell’abbandono persista (con appezzamenti dove è difficile fare agricoltura e condurre campagne di raccolta massimizzate), il riconoscimento della Dop ha salvato il territorio, come sostiene Serena Mela, titolare del Frantoio Sant’Agata d’Oneglia. Ma noi italiani ancora pecchiamo, perché le maggiori richieste arrivano da Est, dove i consumatori sono molto più orientati di noi a cercare e riconoscere il valore di prodotti certificati.
Dora Desantis, responsabile qualità di Agridè, si è soffermata su quanto la certificazione della Dop Bari abbia contribuito ad aumentare la produzione, senza però l’auspicato aggiornamento dei prezzi, in un territorio che fa ancora fatica ad imporsi sul mercato.
Massimo Martinelli, responsabile produzione e confezionamento Terre dell’Etruria pone la questione dei prezzi da un diverso punto di vista. Come imporsi e comunicare il valore di un olio certificato, quando il prezzo non è così distante da quello non certificato? Perché non viene preferito il prodotto certificato?
Qualche passo in più si deve ancora fare, in risposta alle problematiche sollevate, in primis da parte della ristorazione, che dovrebbe essere attenta a comunicare e menzionare gli oli utilizzati nelle ricette in modo da renderli effettivi protagonisti (quali sono) dei piatti. Ed infine, la comunicazione. Il messaggio sull’olio fatica ad aprirsi un varco, a trovare una nicchia di interesse, ad appassionare i lettori, che è necessario allontanare dagli scaffali della GDO.
Il patrimonio olivicolo nazionale ha bisogno di noi, giornalisti e comunicatori, che ne accogliamo il messaggio e siamo pronti a divulgarlo.